[archiattack] 2013

Michele D'Agostino
Il Processo opera un cambiamento di prospettiva non dell’opera ma del punto di vista (lo spettatore): se prima il fruitore per natura dell’opera era portato a muoversi visualizzando nella sua interezza lo spazio (ruolo attivo) ora diviene vero spettatore (passivo). Il lavoro in ferro si compone di una lunga sequenza che mostra tramite lo scorrimento di un nastro ( mobile)e la proiezione(luce fissa) di sculture su parete, l’urbanizzazione di una zona incontaminata, una “speculazione edilizia” com’è brillantemente descritta da Italo Calvino nell’omonimo racconto. L’opera è messa in scena, costruita; le ombre riprendono gli albori della ripresa cinematografica. Il fotogramma è solo preso dall’artista nella sua immaginazione; D’Agostino diventa così animatore del pensiero, inteso come artigianato dello scultore artista. Il Processo: noi spettatori l’osserviamo, ci disperdiamo e ritorniamo, richiamati dal suo ridondante rumore ad osservarlo.
Riflessione: forse questa sorta di rullo compressore, a cui non viene contrapposto un violino (dicotomia di Tarkowskiana memoria) ma l’inesorabile rumore di macchinazione in movimento, costante sottofondo alle nostre statiche chiacchiere.
Il Processo ci giudica?
A noi il silenzio.
Michele D’Agostino nato a Benevento nel 1988, si è diplomato nel 2007 al liceo Artistico di Benevento in scultura, nel 2010 ha conseguito il diploma di laurea in scultura presso l’Accademia delle Belle Arti di Brera.


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