

recensione dal sito dell'Accademia della Crusca
--> 'Le parole possono essere finestre o muri impenetrabili. Bisogna conoscere il loro ritmo e non appesantirle, rispettare il rapporto che esse intrattengono con la vita. Se la lingua siamo noi, se la lingua è movimento e storia, padroneggiare il proprio idioma è un atto di responsabilità. Sfatiamo subito il mito del «tanto non occorre scrivere bene, l’importante è che il messaggio si capisca»: un atteggiamento simile può nascondere gravi incertezze e lacune linguistiche, che l’individuo, a volte, non vuole ammettere neanche a sé stesso. La serietà delle risorse espressive e la consapevolezza dell’uso della nostra lingua, infatti, riflettono molto più di una semplice comunicazione.
Ecco l’importanza de “I ferri del mestiere” ‒ così si apre il primo capitolo di 'Guida pratica all’italiano scritto' di Vera Gheno (Franco Cesati Editore) ‒, ovvero quelle regole di funzionamento che riguardano tutti i livelli della lingua (morfosintassi, testualità, meccanismi fonologici, lessico ecc.) e che sono accettate da una comunità di parlanti. Perché, a differenza di quanto si possa pensare, nel 2016 ha ancora senso parlare di norma linguistica.
A maggior ragione in un momento storico in cui, proprio in virtù del passaggio dall’italiano all’e-taliano, occorre riflettere con moderna coscienza sulla nuova percezione collettiva della tradizione scritta nonché sul rapporto tra libertà espressiva e aderenza alla norma, un insieme di “leggi” che non cambia solo nel tempo, ma anche in base alla situazione comunicativa: «Dalla conversazione informale al colloquio più formale, dal post su Facebook alla tesi di laurea, bisogna ricercare l’equilibrio tra la correttezza formale e l’efficienza, senza cadere né nell’eccessiva rigidezza né nella sciatteria linguistica» (p. 42).
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